La Svizzera ha conosciuto dopo la seconda guerra mondiale un’ondata di migrazione importante proveniente, a partire dai primi anni Sessanta fino alla metà degli anni Settanta, soprattutto dall’Italia meridionale. I migranti italiani hanno contribuito al boom economico svizzero fornendo la manodopera soprattutto nei settori dell'industria, dell’edilizia e della gastronomia. Questo fenomeno e le sue conseguenze linguistiche sono stati ben descritti in vari studi (per il punto di vista linguistico si vedano per es. Rovere 1977, Berruto 1991 e 1993).
Dalla metà degli anni Settanta la forza dell’immigrazione si è affievolita e il bilancio migratorio si è invertito, segnando un numero maggiore di partenze che di arrivi.
Un nuovo movimento migratorio, definito appunto nuova migrazione, inizia a manifestarsi con la crisi finanziaria del 2008/2009 e colpisce duramente il mercato del lavoro italiano provocando un alto tasso di disoccupazione, soprattutto tra i giovani. La nuova migrazione italiana coinvolge un numero elevato di persone in possesso di una laurea o addirittura di un dottorato di ricerca coniando così il termine “la fuga dei cervelli”, diventato ormai ricorrente nella prosa giornalistica italiana. Questa nuova caratteristica aggiunge al profilo del tipico emigrato italiano, generalmente dotato di un’istruzione medio-bassa, una nuova sfaccettatura.
All’inizio delle nostre ricerche linguistiche sul nuovo fenomeno migratorio, il grado d’istruzione sembrava la pista da battere in quanto pareva un parametro di comparazione promettente. Si tratta infatti della variabile diastratica per eccellenza, atta a rivelare nuove dinamiche linguistiche insite nella nuova migrazione. Molto più allettante si è rilevato invece, con il procedere delle nostre ricerche, il criterio della mobilità (sia geografica che virtuale) che sembra determinare in modo significativo il repertorio die nuovi migranti italiani all’estero.